Ricordo che quel giorno ho fumato molto…molto per i miei standard.
L’ultima sigaretta della giornata è stata quella del condannato a morte: era passata la mezzanotte e decidevo la sorte del mio avatar.
Un avatar che scompare però, porta con sé tutto un mondo costruito attorno ad esso e non è una decisione semplice.
Nella terrazza dello studio non c’è neanche uno sgabello.
Me ne stavo al buio con la schiena appoggiata al muro e mi stringevo nella giacca per il freddo .
Respiravo lentamente il fumo della mia sigaretta mentre osservavo…assente…le luci del paese sulla collina davanti a me.
Valutavo la scomparsa di quel mondo e senza sorpresa mi accorgevo che quella possibilità non mi turbava più.
Chi non ha vissuto per anni un mondo virtuale come SL ha comprensibili difficoltà ad accettare il turbamento che una simile scelta comporta e non potrebbe fare a meno di giudicare ridicolo tutto ciò.
Sarebbe meglio se così fosse, ma in realtà è tutt’altro che un semplice click su “delete account”… a prescindere dalle cause che ti spingono a farlo.
Non provavo rabbia, ma istintivamente storcevo le labbra in una smorfia di disgusto quando mentalmente passavo in rassegna ogni frase delle ultime chat.
Ogni valutazione di ciò che avevo appreso e di quello che era accaduto mi procurava uno strano senso di nausea impastato a tristezza e la consapevolezza che tutto quel bla bla bla (impietoso) non avrebbe avuto tregua, trasformava quel malloppo sgradevole in voglia, finalmente sicura, di chiudere con quella realtà.
Avevo capito che il mondo virtuale aveva ancora qualcosa da offrirmi in termini di svago, anche se ormai potevo usufruirne di rado, ma era altrettanto chiaro che tutto ciò sarebbe stato ancora possibile a patto che lo vivessi così come avevo iniziato cinque anni fa: in completa solitudine e solo per il piacere di vivere le meravigliose creazioni nate dalla fantasia dei residenti, ma senza la compagnia di questi ultimi.
Lo sentivo da tempo ed ero pronta.
Secondlife doveva tornare ad essere solo mia.
Per farlo, di Luly non doveva rimanere neanche un pixel.
Il ricordo…beh…quello sarebbe sfumato molto prima dei 60 giorni concessi dalla Lindelab per ripensarci: gli esseliani dimenticano in fretta.
Non mi importava più del torto e della ragione; potevo pure addossarmi tutte le colpe e crederci fino in fondo senza che questo cambiasse di una virgola quella che ormai sentivo come un’urgenza: chiudere quel capitolo per sempre.
Addio Luly…
“Caro il mio Francesco come vedi ti scrivo
e quando uno scrive deve avere un motivo
il mio è dirti che la tua “Avvelenata”
in questi giorni l’ho consumata
Risulta evidente quanto siam diversi
quanto son diversi i tempi del percorso
ma sono giorni in cui suona più vicina
tutta quella tua incazzatura
Sarà che anche qui “le quattro del mattino”
sarà che anche qui “l’angoscia e un po’ di vino”
sarà che non ci posso fare niente se ora mi viene su il veleno
E allora avanti un altro
con quello che guadagni stai muto
avanti pure un altro
con quello che guadagni sorridi nella foto
Caro il mio Francesco questa lettera ti arriva
in un paese piccolo lì sugli Appennini
ho capito forse come mai ci vivi
che tanto ci si sente soli
Ci si sente soli per quello che si è visto
e poi per tutti quelli che han fatto così presto
a montare su per fare un po’ il tuo viaggio
giurando che per te davano un braccio
Parlavano di stile di impegno e di valori
ma non appena hai smesso di essere utile per loro
eran già lontani la lingua avvicinata a un altro culo
E allora avanti un altro
e almeno chiedi scusa del disturbo
avanti pure un altro
che se sei lì sarà perché sei solo un po’ più furbo
Caro il mio Francesco che conosci un po’ i colleghi
e forse non a caso vivi lì sugli Appennini
sai quaggiù ce n’è in qualche modo di tre tipi
bravi artisti, furbacchioni e topi
Il topo canta solo di quanto lui sia puro
e poi dà via la madre per stare sul giornale
ed é talmente puro che ti lancia merda
soltanto per un titolo più largo
E io che il mio disprezzo me lo tengo dentro
che il letamaio è colmo già pubblicamente
ma quei presunti puri mi possono baciare
queste chiappe allegramente
E allora avanti un altro
volevi la tua bici pedalare
avanti pure un altro
rispondere agli insulti è solo bassa promozione
Caro il mio Francesco abbiamo tanti privilegi
ma fra questi certo non rientrano gli sfregi
di chi vuole parlare andando solo a braccio
di cose di cui non capisce un cazzo
Non so com’era allora so un poco com’è adesso
o sei il numero uno o sei il più grande cesso
e il tempo che ti danno è fino al ritornello
e tante volte neanche fino a quello
Non c’é peggiore sordo di chi non vuol sentire
tu pensa a chi non sente e poi ne vuol parlare
ma caro il mio Francesco è già mattina qui mi devo svegliare
E allora avanti un altro
ti passo il mio telefono salutami la tipa
avanti pure un altro
convincila che sono il suo ragazzo per la vita
Caro il mio Francesco è il momento dei saluti
ci avremmo riso sopra se ne avessimo parlato
lo so che non ha senso starsi a lamentare
di alcune conseguenze del mestiere
e so che mi son fatto prendere la mano
perché uno sfogo fa sbagliare spesso la misura
ma come ti dicevo son “le quattro del mattino
l’angoscia e un po’ di vino”
E allora vado avanti a cantare della vita
sempre e solamente per come io la vedo
che la morte se la suona e se la canta
chi non sa soffrire da solo
E allora avanti un altro
e qualcuno che abbia voglia di ascoltare
avanti pure un altro
e qualcuno che abbia voglia di ballare
e allora avanti un altro
e qualcuno che abbia il tempo di ascoltare
avanti pure un altro
e qualcuno che abbia il tempo di ballare”.
***
“Di solito ho da fare cose più serie: costruire su macerie o mantenermi vivo”
P.S. Questo diario di viaggio ha molte pagine libere e le riempirò, senza fretta, con le foto che avevo pubblicato su Flickr e con altre che sono rimaste conservate in una cartella del PC.
Queste pagine saranno catalogate e taggate come “Post Scriptum”.
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